Nella conformazione più semplice il processo si svolge tra l’attore e il convenuto. L’attore domanda, il convenuto eccepisce. Ovviamente il convenuto potrebbe proporre una domanda riconvenzionale e di questo abbiamo già parlato.
Ma il convenuto potrebbe anche decidere di proporre una domanda nei confronti di altra parte già presente nel processo. Sono queste le c.d. “domande trasversali”. Oppure le parti potrebbero chiedere la chiamata in causa di un terzo (art. 106 c.p.c.). Ovvero potrebbe essere il giudice a ordinare l’intervento del terzo (art. 107 c.p.c.). O ancora potrebbe verificarsi l’intervento spontaneo del terzo (art. 105). Questo intervento può essere meramente adesivo, litisconsortile autonomo, principale.
Quid juris nel caso in cui la materia oggetto della domanda rientri tra quelle per le quali è previsto il tentativo di mediazione obbligatorio? Analizziamole partitamente, partendo però da un importante principio che la S.C. ha affermato in tema di controversie agrarie:
Il tentativo obbligatorio di conciliazione da esperire prima della domanda giudiziale non è necessario nell’ipotesi di intervento volontario esplicato qualora l’interveniente non abbia il potere di evitare la controversia.
Cassazione civile, sez. III, 21/10/1994, n. 8653
Questo principio si applica ovviamente anche alla mediazione obbligatoria e non solo alla ipotesi dell’intervento volontario ma in tutti i casi in cui il terzo, chiamato o intervenuto, non abbia il potere evitare la controversia, perché, ad esempio, la domanda del convenuto nei confronti del terzo è subordinata all’accoglimento della domanda dell’attore.
Intervento adesivo. In questo caso l’interveniente non propone una autonoma domanda, pertanto il problema non si pone. Si pensi al sub-conduttore che interviene per sostenere le eccezioni sollevate dal conduttore rispetto alla domanda di sfratto proposta dal locatore.
Intervento litisconsortile. Si pensi al caso in cui il co-trasportato intervenga nella causa già intentata da un trasportato nei confronti del danneggiante e del suo assicuratore. In tal caso si dovrà certamente disporre la mediazione obbligatoria, con possibilità di separazione della lite.
Intervento principale. Si pensi al caso in cui in un giudizio tra comodante e comodatario per il rilascio del bene, intervenga un terzo affermando di essere il proprietario dello stesso e quindi rivendicandolo. Anche in questo caso non si vede come non si debba esperire il tentativo di mediazione tra tutte le parti e se attore e convenuto hanno già esperito il tentativo dovranno andarci per la seconda volta.
Chiamata per ordine del giudice. Si pensi al caso in cui il giudice, a fronte della eccezione del convenuto di estraneità al rapporto dedotto in giudizio, decida di ordinare l’intervento del terzo, verso il quale l’attore venga autorizzato ad estendere la domanda. Ritengo che qualora la materia rientri nell’art. 5 del d.lgs. 28/2010 il giudice debba inviare le parti davanti al mediatore. Del pari, quando il terzo spieghi una domanda nei confronti delle parti originarie.
Chiamata in garanzia impropria. Si pensi al danneggiante professionista convenuto dal cliente che chiami in causa il proprio assicuratore, il quale eccepisca la nullità del contratto di assicurazione, ovvero la prescrizione del diritto dell’assicurato. Seguendo il ragionamento della S.C. in questo caso si dovrebbe escludere la necessità di inviare le parti (convenuto e terzo chiamato) al tavolo della mediazione (posto che la domanda principale non rientra tra quelle per cui è previsto il tentativo obbligatorio di mediazione) e le sorti della domanda tra convenuto e terzo non sortiscono effetti sulla domanda principale.
Ovviamente con questo articolo non voglio esaurire la trattazione della problematica che è assai più complessa ed articolata, ma anzi porre le basi per iniziare un dibattito che, al momento, mi pare un po’ troppo sopito (al momento segnalo gli interessanti articoli del Prof. Michele Angelo Lupoi, del dott. Giuseppe Buffone e del dott. Andrea Petta).

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