Reciproca soccombenza: individuazione della parte maggiormente soccombente. Il problema del motivo di ricorso per cassazione.

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Non di rado attore e convenuto risultano parzialmente soccombenti nel giudizio. In questi casi solitamente il giudice dispone la compensazione delle spese di lite. Nulla quaestio se la compensazione è totale. In tal caso è praticamente impossibile censurare la statuizione in Cassazione, trattandosi di una valutazione  discrezionale pura.

Più complesso è il caso della compensazione parziale con condanna della quota restante a carico dell’attore o del convenuto. In tali casi, significa che il giudice ha individuato nella parte destinataria della condanna alle spese quella maggiormente soccombente.

Ma come si fa a stabilire chi è maggiormente soccombente? E soprattutto: è censurabile in Cassazione tale valutazione?

Iniziamo con il dire che esiste un orientamento granitico che afferma la necessità di valutare l’oggetto complessivo della lite al fine di stabilire quale parte è maggiormente soccombente. Laddove il giudice abbia valutato l’oggetto complessivo e stabilito chi deve intendersi prevalentemente soccombente, nessuna possibilità vi è di ricorrere in Cassazione, in quanto anche in questo caso il potere discrezionale del giudice è intangibile.

Diverso è però il caso laddove detta motivazione appaia gravemente viziata per illogicità. Facciamo un esempio.

Tizio ha agito per sentire condannare Caio al pagamento di 1000. Caio eccepisce l’estinzione del debito verso Tizio e chiede in via riconvenzionale l’importo di 200. Si supponga che il giudice accolga la domanda dell’attore, rigetti l’eccezione del convenuto, ma accolga la sua riconvenzionale, compensando i reciproci debiti crediti e dunque condannando quest’ultimo al pagamento di 800. Ebbene, laddove il giudice affermasse apoditticamente che è l’attore ad essere maggiormente soccombente, difficilmente una motivazione del genere sfuggirebbe al sindacato della Cassazione, in quanto essa sarebbe assolutamente incomprensibile.

Più complesso è quando le domande abbiano natura diversa e quindi di accertamento, costitutive e di condanna o quando esse siano plurime. Chiedere alla Corte una diversa valutazione circa la prevalenza della soccombenza è praticamente impossibile se non quando, ancora una volta, ci si trovi di fronte ad una illogicità manifesta.

Appare evidente da quanto ho appena scritto che l’eventuale motivo non può denunciare la violazione dell’art. 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ma semmai il vizio motivazionale ex art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4) c.p.c.

In quale caso potrebbe denunciarsi la violazione dell’art. 92 c.p.c.? Beh, in una ipotesi di scuola. Ad esempio, il giudice afferma espressamente che per stabilire la maggiore soccombenza non deve essere valutato l’oggetto della lite nel suo complesso, ma soltanto alcuni capi di domanda, scelti a sua discrezione. In tal caso vi sarebbe certamente la violazione dell’art. 92.

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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.




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