Le domande restitutorie dopo l’annullamento della sentenza da parte della Cassazione

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L’art. 389 c.p.c. disciplina le domande restitutorie o riparatorie avanzabili a seguito della cassazione di una sentenza, prevedendo la possibilità di ottenere la restituzione di quanto trasferito o eseguito in forza di una decisione poi annullata, indipendentemente dalla motivazione dell’annullamento. Tale norma si fonda sul principio di parità processuale, garantendo il ripristino dell’equilibrio patrimoniale tra le parti e impedendo che trasferimenti privi di fondamento sostanziale possano consolidarsi a causa di una sentenza eliminata (Cass. 9917/2004; Cass. 13139/2006).

L’azione restitutoria è autonoma rispetto alla causa principale e ha come unico presupposto la cassazione della sentenza, senza necessità di dimostrare l’ingiustizia del pagamento o del trasferimento sul piano sostanziale (Cass. 3800/1998; Cass. 14779/2009). Tra le richieste ricomprese rientrano la ripetizione di somme pagate (Cass. 9229/2005), la cancellazione di ipoteche giudiziali o trascrizioni pregiudizievoli (Cass. 20315/2012) e il risarcimento di danni derivanti dall’esecuzione della sentenza cassata, per il quale non è richiesta la prova della colpa della controparte, essendo sufficiente una responsabilità da rischio (Cass. 8755/1987; Cass. 10386/2005).

Le modalità di proposizione delle domande conseguenti alla cassazione seguono principi ben definiti. Intanto, la norma esclude che la Corte di Cassazione possa occuparsi di tali domande, poiché queste richiedono accertamenti di fatto e l’esame di documenti, attività estranee alle sue funzioni di giudizio rescindente (Cass. 4909/1996, Cass. 6784/1996). In caso di cassazione senza rinvio, le domande vanno presentate al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata, in quanto titolare di una competenza funzionale non derogabile (Cass. 13461/2006, Cass. 12218/2012). In caso di cassazione con rinvio, invece, la competenza spetta al giudice del rinvio anche nel caso di translatio iudicii tra giurisdizioni diverse (Cass. 1819/1999, Cass. 3366/2008).

La giurisprudenza riconosce la possibilità di proporre le domande di restituzione o riduzione in pristino in modo autonomo, tramite atto di citazione o nelle forme del procedimento monitorio, purché ciò avvenga entro i termini prescrizionali (Cass. 28036/2024; Cass. 15384/2003, Cass. 16254/2003).

Se il giudizio di rinvio si estingue, tali domande devono essere presentate al giudice competente secondo le regole ordinarie (Cass. 8781/1999, Cass. 11261/2000). È stato inoltre chiarito che, qualora i giudizi di rinvio e restituzione siano separati, non è necessaria la loro riunione, dato che le rispettive causae petendi sono autonome (Cass. 19153/2012, Cass. 9229/2005).

Infine, qualora la domanda di restituzione venga proposta autonomamente dinanzi al giudice di rinvio, la competenza funzionale rimane ferma anche se il giudizio principale si estingue successivamente. Tuttavia, in caso di mancata introduzione del giudizio di rinvio, la domanda deve essere proposta secondo le norme ordinarie, evitando la regressione del procedimento a fasi non necessarie (Cass. 21901/2008, Cass. 7605/1986).

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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.




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