L’art. 346 stabilisce che le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate.
Ieri abbiamo detto che questa è una norma cardine del giudizio d’appello e che la sua corretta interpretazione è fondamentale per non commettere errori.
Oggi vediamo il suo ambito di applicazione in caso di contumacia in appello. Solito esempio.
Tizio conviene in giudizio Caio e la Compagnia Alfa per chiedere il risarcimento dei danni subiti a seguito di un sinistro. Si costituiscono i convenuti per eccepire la prescrizione del diritto. L’eccezione viene accolta e la domanda rigettata.
Tizio propone appello ma i convenuti non si costituiscono. Potrà il giudice esaminare l’eccezione di prescrizione? Secondo il più recente orientamento della Suprema Corte la risposta è negativa. Il principio sancito dall’art. 346 c.p.c., che intende rinunciate e non più riesaminabili le domande ed eccezioni non accolte dalla sentenza di primo grado che non siano state espressamente riproposte in appello, trova applicazione anche nei riguardi dell’appellato rimasto contumace in sede di gravame, in coerenza con il carattere devolutivo dell’appello, così ponendosi appellato e appellante su un piano di parità – senza attribuirsi alla parte, rimasta inattiva ed estranea alla fase di appello, una posizione sostanzialmente di maggior favore – sì da far gravare su entrambi, e non solo sull’appellante, l’onere di prospettare al giudice del gravame le questioni (domande ed eccezioni in senso stretto) risolte in senso ad essi sfavorevole, con la sola differenza che il soccombente soggiace ai vincoli di forme e di tempo previsti per l’appello, mentre la parte vittoriosa ha solo un onere di riproposizione, in difetto presumendosi che manchi un interesse alla decisione e potendosi imputare tale mancanza anche alla parte contumace (cfr. Cass. n. 19555 del 2006, in fattispecie analoga a quella in esame; n. 10236 del 2007, con riferimento all’eccezione di usucapione; in generale e con riferimento al contenzioso tributario, cfr. altresìCass. n. 7316 del 2003 e n. 9217 del 2007; in precedenza, in senso contrario, sempre con riferimento al contenzioso tributario, cfr. Cass. n. 7019 e n. 13482 del 2001).
Cassazione civile sez. lav., 12 novembre 2007, n. 23489
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 10 aprile 2003 il Tribunale di Roma respingeva la domanda di K.F.K., erede di K.F., intesa a percepire dall’INPS accessori sui ratei, tardivamente erogati, del trattamento pensionistico spettante al dante causa, ritenendo applicabile retroattivamente la disposizione di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 17, secondo cui il termine per provvedere sulle domande di pensione in convenzione internazionale decorre dal ricevimento della domanda da parte dell’INPS. La Corte d’appello di Roma, pronunciando in sede di gravame con la sentenza indicata in epigrafe, ha considerato inapplicabile ratione temporis la disciplina dettata dalla L. n. 335 del 1995, ma ha tuttavia ritenuto estinto per prescrizione: il diritto del ricorrente.
Al riguardo, il giudice d’appello, premesso che l’eccezione di prescrizione sollevata dall’INPS in primo grado doveva essere esaminata d’ufficio essendo l’Istituto rimasto contumace in grado d’appello e che alla fattispecie era applicabile la prescrizione decennale, ha escluso che il relativo termine – decorrente dal 121^ giorno dalla domanda amministrativa per il primo rateo e dalle singole scadenze per i ratei successivi – fosse stato interrotto e, in particolare, ha disatteso la tesi secondo cui l’avvenuta liquidazione dei ratei avrebbe costituito atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell’art. 2944 c.c..
Avverso tale sentenza la parte privata ha proposto ricorso per Cassazione deducendo sei motivi.
L’Istituto ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 346, 416 c.p.c. e art. 2938 c.c., criticandosi la sentenza impugnata per avere esaminato l’eccezione di prescrizione malgrado la mancata riproposizione della stessa da parte dell’INPS, rimasto contumace in appello.
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 345, 416 c.p.c. e dell’art. 2944 c.c., nonchè vizio di motivazione e motivazione apparente. Si sostiene che con il “modello CI 28”, avente ad oggetto l’accoglimento della domanda di pensione, nonchè con il mandato di pagamento dei ratei e la comunicazione di liquidazione parziale degli interessi, l’Istituto ha riconosciuto il diritto alla prestazione previdenziale, con ciò interrompendo la prescrizione sia del credito principale sia degli accessori, in considerazione del carattere unitario del credito complessivo, e si aggiunge che, in ogni caso, il predetto “modello CI 28” hai configurato una rinuncia alla prescrizione. Secondo la parte ricorrente, la unitarietà del credito è stata implicitamente riconosciuta – con l’applicazione di un identico regime prescrizionale a capitale e accessori – dallo stesso giudice d’appello, il quale, tuttavia, in modo contraddittorio e con motivazione perciò incomprensibile (oltre che in difetto della riproposizione dell’eccezione di prescrizione), ha poi escluso che il riconoscimento del credito per sorte capitale valga ad interrompere la prescrizione anche per il credito agli accessori.
Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 429 e 442 c.p.c. e degli artt. 2934 ss. c.c., nonchè del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 129 in una con vizio di motivazione. Si ribadisce che il giudice d’appello, avendo correttamente ritenuto applicabile la prescrizione decennale in ragione dell’unitarietà del credito relativo alla prestazione e agli accessori, non avrebbe dovuto escludere l’effetto interruttivo, o almeno abdicativo, della avvenuta liquidazione dei ratei rispetto al credito per accessori; e si richiamano, al riguardo, diversi precedenti giurisprudenziali.
Il quarto motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 210 c.p.c.. Si lamenta che i giudici di merito abbiano omesso di valutare l’istanza del ricorrente con cui si chiedeva di ordinarsi all’Istituto l’esibizione del fascicolo amministrativo e si puntualizza che l’esibizione avrebbe dimostrato l’esistenza di efficaci atti interruttivi della prescrizione, in particolare il “mod. CI 28”, contenente il decreto di accoglimento della domanda di pensione.
Il quinto motivo denuncia vizio di motivazione, lamentandosi che i giudici d’appello non abbiano proceduto ad alcuna indagine circa la volontà della P.A. debitrice con riguardo al pagamento dei ratei, in particolare omettendo di accertare se con tale pagamento l’Istituto avesse o no inteso adempiere parzialmente la sua obbligazione.
Il sesto motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1194 c.c.. Si sostiene che, ai sensi degli artt. 1193 e 1194 c.c., il pagamento parziale eseguito dall’Istituto doveva essere imputato agli interessi e non al capitale.
Il primo motivo è fondato.
Secondo il più recente e ormai consolidato orientamento di questa Corte, il principio sancito dall’art. 346 c.p.c., che intende rinunciate e non più riesaminabili le domande ed eccezioni non accolte dalla sentenza di primo grado che non siano state espressamente riproposte in appello, trova applicazione anche nei riguardi dell’appellato rimasto contumace in sede di gravame, in coerenza con il carattere devolutivo dell’appello, così ponendosi appellato e appellante su un piano di parità – senza attribuirsi alla parte, rimasta inattiva ed estranea alla fase di appello, una posizione sostanzialmente di maggior favore – sì da far gravare su entrambi, e non solo sull’appellante, l’onere di prospettare al giudice del gravame le questioni (domande ed eccezioni in senso stretto) risolte in senso ad essi sfavorevole, con la sola differenza che il soccombente soggiace ai vincoli di forme e di tempo previsti per l’appello, mentre la parte vittoriosa ha solo un onere di riproposizione, in difetto presumendosi che manchi un interesse alla decisione e potendosi imputare tale mancanza anche alla parte contumace (cfr. Cass. n. 19555 del 2006, in fattispecie analoga a quella in esame; n. 10236 del 2007, con riferimento all’eccezione di usucapione; in generale e con riferimento al contenzioso tributario, cfr. altresìCass. n. 7316 del 2003 e n. 9217 del 2007; in precedenza, in senso contrario, sempre con riferimento al contenzioso tributario, cfr. Cass. n. 7019 e n. 13482 del 2001).
Alla stregua di tale orientamento, al quale il Collegio intende dare continuità, il giudice d’appello non avrebbe dovuto esaminare d’ufficio l’eccezione di prescrizione, sollevata dall’Istituto in primo grado e non accolta dal Tribunale, trattandosi di eccezione comunque non riproposta e pertanto rinunciata ai sensi dell’art. 346 c.p.c..
L’accoglimento di tale motivo determina l’assorbimento delle restanti censure, riguardanti il merito della medesima eccezione.
Ne consegue che la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla stessa Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, perchè proceda alla definizione della controversia prescindendo dall’eccezione di prescrizione.
Al medesimo giudice di rinvio viene rimessa altresì la pronunzia sulle spese del giudizio di Cassazione, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2007.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2007

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Se una sentenza ha accolto un opposizione a d.i. nel senso di ridurre l’importo indicato nel decreto, l’opposto può proporre appello e contestualmente
avviare l’esecuzione della gravata sentenza per la parte di credito riconosciuta? oppure, come mi è stato riferito, l’esecuzione equivale ad implicita acquiescenza e, conseguentemente, impedirebbe la proposizione del gravame?
Grazie
@dario: l’inizio dell’esecuzione non equivale ad acquiescenza
grazie per le delucidazioni.
Buongiorno Ho bisogjno del suo aiuto!!
Mio papa si è fatto fregare dal commune un terreno anni fà e non ancora pagato. Dopo tantissimi anni ancora la causa non è stata risolta…
Le ultime scuse sono:
1) La informo che la trattazione dell’appello è stata rinviata all’udienza del 26/05/2016, in quanto la Cancelleria della Corte di Appello non aveva ancora acquisito il fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado.
Questa acquisizione è indispensabile per potere andare avanti nella causa ed i ritardi sono imputabili al fatto che la Sezione Distaccata di Siderno (presso la quale si è svolto il primo grado del giudizio), è stata soppressa con accormapento al Tribunale Civile di Locri, presso il quale sono confluiti tutti i fascicoli e documenti relativi a detta sezione.
2) la causa oggi è stata rinviata al 10/11/2016 per la trattazione dell’appello e sempre per l’acquisizione del fascicolo di primo grado, ossia relativo al giudizio che si è svolto a Siderno, non avendo ancora provveduto la cancelleria del Tribunale di Locri. Purtroppo questi sono i tempi della giustizia, dettati dai giudici, sui quali, ahimè, gli avvocati non hanno potere.
Mi sà spiegare in modo semplice perchè I termini giuridici sono complicati “non aveva ancora acquisito il fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado”
La ringrazio tantissimo!
Con il primo grado di giudizio venivo assolto con formula piena per alcuni capi di imputazione mentre per altri venivo condannato per peculato. Contestualmente venivo sospeso dal lavoro dall’Ente Comune con retribuzione ridotta ad assegno alimentare pari al 5O%. Successivamente in appello la sentenza veniva riformata dihiarando la Corte non doversi procedere in ordine al relativo reato in quando estinto in data antecedente a quella della condanna inflitta in primo grado e per l’effetto revoca le statuzioni civili contenute in ques’ultima. Si chiede gentilmente se si ha diritto alla restituzione delle somme dello stipendio non percepite. Considerando che in primo grado avevo già riportato per altri capi di imputazione l’assoluzione con formula piena grazie
La sentenza di appello riforma parzialmente quella del tribunale, dispone sulle spese di lite ma nulla dice riguardo le spese del giudizio di primo grado. Che fine fanno tali ultime spese ? Grazie
@Giusti: ricorso per Cassazione
Egregio Avv. ho un dubbio. Ho vinto in Cassazione in merito al mio divorzio. Vittoria totale, tutte le domande accettate. Rimandata la causa alla Corte d Appello. Quest ultima aveva completamente spazzato via ben 3 assegni di mantenimento(mio e dei miei 2 figli)
Stiamo procedendo al conteggio del dovuto di questi anni mai più pagati. L avvocato che mi ha seguito x separazione e divorzio sostiene che i calcoli vanno fatti a partire dalla sentenza di Appello,il cassazionista dice che per il principio della sostituzione(mi sembra..) vengono cassati i precedenti gradi di giudizio e si riparte dalla sentenza di separazione. Chi ha ragione?
“le stesse possono trovare ingresso nella fase di g”ravame predetta al fine di precostituire il titolo esecutivo per le restituzioni, fermo restando che la condanna restitutoria va subordinata al passaggio in giudicato e, in ogni caso, non può essere eseguita prima di quel momento.”
Dunque se pende il giudizio in cassazione non mi possono chiedere la restituzione delle somme?
Buonasera ho appena subito sentenza di separazione personale con un aumento dell’assegno di mantenimento. Il mio stipendio attuale e’ di circa 1250 euro ed il trib.ha stabilito debba 380 euro di mantenimento. Attualmente convivo avendo lasciato l’abitazione familiare poiche’ assegnata.Ho ragione di chiedere un abbattimento della debenza?
Se non avessi convissuto sarei letteralmente per strada.
Sono laureato ho la qualifica di operaio ed il giudice ha innalzato il mantenimento valutando che la mia preparazione lasci ben sperare per un posto di lavoro migliore.Peccato non sia cosi’…se fosse cosi’facile mi piacerebbe chiedere al giudice di trovarmi un posto da laureato.Sono una guardia giurata…
Grazie x l’attenzione ed eventuale gradita replica.
Gli attori, eredi di un soggetto deceduto a seguito di sinistro stradale, sono stati condannati al pagamento delle spese legali a seguito del rigetto della loro domanda. Soltanto uno degli eredi vorrebbe proporre gravame alla sentenza . Posso proporre appello solo per uno di loro e non per tutti?
Grazie.
@Avv. Caccia: sì, ma l’atto, ritengo, debba essere notificato a tutti
@Ludovico: sempre difficile in questi casi prevedere la decisione
Vorrei esporre il mio caso :
Il condominio aveva intentato causa ad un condomino ; il sottoscritto aveva partecipato al primo grado.
Il condominio vide rigettarsi in primo grado le richieste , con compensazione delle spese.
Il condominio era ricorso in appello ; il sottoscritto aveva espresso ritualmente dissenso in base al 1132 c.c.
All’esito dell’appello il condominio vide la “conferma integrale della sentenza impugnata” e la rifusione delle spese sia di primo che secondo grado.
L’amministratore elabora una ripartizione secondo il seguente schema:
• la parte della soccombenza in appello dovuta per il primo grado , a coloro che avevano promosso il primo grado ( tra cui il sottoscritto) ed a coloro che non avevano dissentito
• la parte della soccombenza in appello dovuta per il secondo grado , a coloro che avevano promosso il secondo grado ed a coloro che non avevano dissentito
La domanda è la seguente :
Se è certo che è stato il ricorso in appello del condominio a determinare la condanna alla rifusione delle spese alla controparte anche in primo grado , perchè il sottoscritto , che aveva ritualmente espresso il proprio dissenso in riferimento all’art.1132 c.c. “separando la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza” , si è visto caricato di quest’onere , soprattutto in considerazione che il primo grado aveva visto la compensazione delle spese?
@mi pare corretta la ripartizione, in quanto il giudice d’appello ha modificato la decisione delle spese relative al primo grado
Ho vinto il primo grado di giudizio e il mio ex datore di lavoro è stato condannato al pagamento di un’indennita risarcitoria di 12 mensilità per licenziamento nullo più la reintegra che io ho rifiutato in luogo dell’indennita’ di 15 mesi. Dopo diversi mesi ancora non ha pagato e ha impugnato in appello. Mi è stato sconsigliato dal mio avv di andare avanti con il pignoramento, perché nel caso la sentenza di primo grado venga confermata in secondo, si dovrebbe rifare tutta la procedura da capo essendo cambiando il titolo esecutivo. È corretto?
Quindi tanto vale aspettare e accettare la proposta ricevuta da avv della controparte, cioè di pagarmi un acconto oggi e aspettare la sentenza di secondo grado. Io sono perplessa, ho una sentenza in mio favore da tanti mesi e non mi sento per niente tutelata.
A seguito di sentenza di appello che mi impone la restituzione di quanto incamerato in primo grado (quale distrattario), mi viene un dubbio nell’apprestarmi alla riconsegna: a suo tempo l’impresa soccombente versò in mio favore le spese comprensive di IVA e applicò la Ritenuta di Acconto provvedendo al versamento. Mi chiedo: io dovrò restituire anche l’importo ricevuto per IVA, nonostante l’impresa ha avuto titolo per “scaricarla” ? e indoltre: dovrò aggiungere alla somma netta percepita anche l’importo a suo tempo versato dall’impresa soccombente come Ritenuta di Acconto ?
Grazie
Antonio
Salve, avrei una domanda. Mio cognato, docente, anni fa ha vinto in primo grado una causa di lavoro ottenendo il risarcimento x mancata stabilizzazione. Essendo nel frattempo entrato di ruolo e avendo proposto appello il Miur, mio cognato ha deciso di non costituirsi in giudizio, stante anche gli orientamenti a lui sfavorevoli della Cassazione. Il giudice di appello stavolta ha accolto il ricorso del MIUR sia basandosi appunto sulle recenti sentenze della Cassazione che considerano il passaggio di ruolo come una forma diversa di ristoro sia adducendo che nel ricorso mancano “le prove” dell’abuso reiterato da parte del MIUR, non essendo stati allegati al ricorso i documenti che provano il susseguirsi del rapporto di lavoro presso lo stesso istituto e con riguardo alla stessa cattedra. Ora io mi chiedo: il giudice d’appello non avrebbe dovuto avere contezza di questi documenti rinvenendoli nel fascicolo d’ufficio di primo grado? Perché è chiaro che il MIUR non li ha allegati al suo ricorso, né mio cognato avrebbe potuto non n essendosi costituito in appello. Inoltre, posto che mio cognato ha difatti prestato servizio in modo reiterato presso la stessa cattedra può ricorrere in Cassazione facendo valere questi documenti che lo attestano o non si può far nulla? E se non si può ricorrere in Cassazione si può rifare un’altra causa facendo valere questi documenti che in appello forse intenzionalmente non sono stati esibiti da parte del MIUR? Grazie della risposta
Gentile Collega, approfitto della tua esperienza per chiederti un parere su una questione capitatami di recente. Uno dei convenuti (già contumace), muore durante il processo e il fatto è documentato da relata dell’ufficiale giudiziario relativa alla notifica dell’ordinanza che ammette interrogatorio. Il giudice “dimentica” nella confusione dell’udienza di dichiarare l’interruzione e rinvia per proseguire interrogatorio formale Delle altre parti (nessun collega si accorge dell’anomalia, eravamo 10 convenuti). A distanza di più di 3 mesi, prima di procedere all’interrogatorio, eccepisco l’estinzione per mancata riassunzione…il collega dell’attore sostiene che ha tempo un anno per riassumere al domicilio del defunto presso gli eredi…il giudice si è riservato…che ne pensi?
Sul giudizio di appello e domanda di garanzia vorrei sottoporLe il seguente quesito.
Tizio cita Caio e Caio chiama in causa Sempronio per manleva.
Il giudice condanna Caio a risarcire Tizio accogliendo anche la domanda di manleva.
Sempronio (terzo soccombente in primo grado) impugna la sentenza contro Tizio (attore in primo grado).
Caio (convenuto in primo grado) deve costituirsi con appello incidentale o può semplicemente riproporre la domanda di manleva?
Buondi’. Nell’atto ricorso cassazione telematico erroneamente (errore di forma) ho scritto con procura …in calce, ma in realta’ e’ stata rilasciata autenticata e rimessa …in allegato. Che succede? Grazie.
Sono un avvocato e sarei interessato a leggere gli articoli di commento sulle varie problematiche nonchè gli schemi degli atti processuali.