Supponiamo che due fratelli vogliano dividersi un immobile. Uno ha una quota di 2/5, l’altro una quota di 3/5. Entrambi vogliono l’intero. Cosa deve fare il giudice se il bene non è comodamente divisibile? Deve per forza assegnare la quota al maggior quotista?
Vediamo cosa dice l’art. 720 del codice civile.
Art. 720 Immobili non divisibili
Se nell’eredità vi sono immobili non comodamente divisibili, o il cui frazionamento recherebbe pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o dell’igiene, e la divisione dell’intera sostanza non può effettuarsi senza il loro frazionamento, essi devono preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell’eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche nelle porzioni di più coeredi, se questi ne richiedono congiuntamente l’attribuzione. Se nessuno dei coeredi è a ciò disposto, si fa luogo alla vendita all’incanto.
La norma sembra dire questo:
- (a) se l’immobile è divisibile o frazionabile si procede alla divisione o al frazionamento;
- (b) in caso contrario si assegna per intero al quotista avete diritto alla maggiore quota;
- (c) oppure a più coeredi che ne richiedono l’attribuzione congiunta;
- (d) se nessuno richiede l’attribuzione si dispone la vendita.
Come va interpretato l’art. 720 nel caso che l’immobile non sia divisibile o frazionabile? Nel senso che il giudice deve sempre optare per la soluzione (b) salvo gravi motivi attinenti all’interesse comune dei condividenti? Secondo un primo indirizzo sì (Cass. 13.7.1983 n. 4775; Cass. 21.2.1985 n. 1528; Cass. 11.7.1995 n. 7588).
Vi è però un altro indirizzo, prevalente, secondo cui il giudice può discostarsi dal criterio preferenziale sancito dall’art. 720 c.c. avendo egli un potere prettamente discrezionale nella scelta del condividente cui assegnare l’immobile indivisibile, potere che trova il suo contemperamento esclusivamente nei criteri di opportunità che debbono ispirare la scelta e nell’obbligo di indicarne i motivi (Cass. 7.5.1987 n. 4233; Cass. 11.8.1990 n. 8201; Cass. 19.3.2003 n. 4013; Cass. 22.3.2004 n. 5679; Cass. 16.2.2007 n. 3646).
Con la sentenza in esame il S.C. aderisce al secondo orientamento per le seguenti ragioni:
- l’espressione “preferibilmente” rende esplicita sotto un profilo lessicale la scelta legislativa per l’attribuzione di un immobile indivisibile tendenzialmente al titolare della quota maggiore senza quindi escludere la legittimità di una opzione diversa e senza peraltro indicare i presupposti che consentano tale deroga;
- la formulazione della norma quindi accorda il giudice un ampio potere discrezionale che, per non sconfinare nell’arbitrio, deve pur sempre tener conto dei concreti elementi di fatto che caratterizzano le singole fattispecie e della esigenza quindi di esaminare i contrapposti interessi dei condividenti in proposito;
- ciò pertanto comporta l’obbligo del giudice, nel discostarsi dal criterio preferenziale dell’attribunzione dell’immobile indivisibile al condividente titolare della quota maggiore, di fornire adeguata e logica motivazione di tale diversa opzione.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuta corretta la scelta del giudice di merito di assegnare il bene al quotista minore sulla base dei seguenti motivi:
- l’assegnatario non aveva una casa di proprietà ed aveva una famiglia numerosa
- il quotista maggiore disponeva già di una abitazione
- il quotista maggiore abitava in un’altra città
Cassazione civile , sez. II, 25 settembre 2008, n. 24053
Fatto
Con atto di citazione del 3.6.1993 C.C. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto i germani C.T., G., R. e S. chiedendo lo scioglimento della comunione dei beni provenienti dalla eredità paterna e materna avente ad oggetto una casetta urbana e tre ottavi di un fondo rustico, e l’attribuzione dell’immobile urbano, ove indivisibile, specificando a tal fine di aver acquistato le quote di pertinenza delle sorelle R. e T..
Si costituivano in giudizio G. e C.S. che contestavano la domanda attrice; in particolare il primo deduceva di aver stipulato un preliminare di vendita con il fratello avente ad oggetto la sua quota ereditaria; lamentava inoltre di non essere stato informato della disponibilità delle sorelle alla vendita, e chiedeva di esercitare il diritto di prelazione ex art. 732 c.c.;
chiedeva infine l’attribuzione dei cespiti in ragione della maggiore valenza delle sue esigenze rispetto a quelle della sorella.
Il Tribunale adito con sentenza del 15.3.2001 attribuiva la proprietà esclusiva dei cespiti ereditari a C. G. ponendo a suo carico l’obbligo di corrispondere il relativo conguaglio all’attrice.
Proposto gravame da parte di C.C. cui resistevano G. e C.S. la Corte di Appello di Messina con sentenza del 10.6.2003 ha rigettato l’impugnazione.
La Corte territoriale, premesso che in fatto che C.G. aveva nel frattempo acquistato la quota ereditaria del fratello S., cosicchè era comproprietario per 2/5 dei beni ereditari mentre C.C. era comproprietaria degli stessi beni per 3/5, ha ritenuto che l’art. 720 c.c. attribuisce al giudice un potere prettamente discrezionale nella scelta del condividente cui assegnare il bene indivisibile, potere che trova il suo temperamento esclusivamente nei criteri di opportunità che debbono ispirare la scelta e nell’obbligo di indicarne i motivi; pertanto ha aderito al convincimento del giudice di primo grado che aveva ritenuto meritevole di considerazione e tutela l’interesse di C. G. ad acquisire un immobile da adibire ad abitazione del proprio nucleo familiare costituito da cinque persone e non quello dell’appellante, che risiedeva altrove, disponeva di abitazione in proprietà e non aveva allegato alcuna specifica esigenza a sostegno della sua richiesta.
Avverso tale sentenza C.C. ha proposto un ricorso articolato in un unico motivo cui D.S.A.M., C. A.C., C.E.A., C.L. (tutte quali eredi di C.G. nel frattempo deceduto), e C.S. hanno resistito con controricorso depositando successivamente una memoria.
Diritto
Con l’unico motivo articolato la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 433 e 720 c.c. e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per avere erroneamente interpretato l’avverbio “preferibilmente” contenuto nell’art. 720 c.c. sostenendo che tale norma accorderebbe al giudice un ampio potere discrezionale nella individuazione dei criteri che debbono essere seguiti per effettuarne l’attribuzione di un bene indivisibile.
C.C. rileva che tale convincimento è difforme rispetto all’orientamento più recente espresso in tale materia secondo cui il potere del giudice di discostarsi dall’attribuzione dell’immobile indivisibile al condividente avente la quota maggiore è condizionato all’esistenza di motivi gravi ed attinenti all’interesse comune dei condividenti; pertanto la deroga alla preferenza prevista dell’art. 720 c.c. per il condividente che sia titolare della quota maggiore del bene deve essere contenuta in limiti ristrettissimi, cosicchè non può ritenere fondato il diverso convincimento del giudice di appello secondo cui l’art. 720 c.c. nel prevedere l’attribuzione del bene indivisibile al condividente titolare della quota maggiore, indicherebbe soltanto un mero criterio di massima, posto che tale orientamento non è corrispondente al dato testuale ed al contenuto della norma. La ricorrente inoltre assume che contraddittoriamente la sentenza impugnata, dopo aver affermato che l’individuazione di un rilevante interesse comune ai condividenti alla adozione di una determinata soluzione giustifica la deroga al criterio preferenziale previsto dall’art. 720 c.c. ha aggiunto che anche l’individuazione di un interesse individuale prevalente rispetto agli altri con esso confliggenti legittimerebbe tale deroga;
comunque l’interesse abitativo di uno dei condividenti non può essere compreso nella categoria dell’interesse generale comune a tutti i condividenti.
Infine C.C. sostiene che contraddittoriamente la sentenza impugnata, dopo aver affermato che C.G. si trovava in condizioni economiche alquanto precarie, ha ritenuto che quest’ultimo avrebbe potuto corrispondere il conguaglio e provvedere ai lavori di restauro sull’immobile i cui costi, in realtà, non erano affatto contenuti, trattandosi di un appartamento che versava in cattive condizioni statiche, con la necessità quindi di eseguire costosi lavori di restauro. La censura è infondata.
La Corte territoriale, dato atto dell’esistenza di due diversi orientamenti giurisprudenziali circa l’interpretazione dell’art. 720 c.c. secondo cui l’immobile non divisibile deve essere “preferibilmente” compreso per intero, con addebito dell’eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, ha ritenuto di aderire all’indirizzo secondo il quale la norma ora menzionata attribuisce al giudice un potere discrezionale nella scelta del condividente cui assegnare il bene indivisibile che trova il suo contemperamento nei criteri di opportunità che debbono ispirare la scelta e nell’obbligo di indicarne i motivi; in tale contesto ha ritenuto meritevole di tutelare l’interesse di C. G. ad acquisire un immobile da adibire a casa di abitazione del suo nucleo familiare costituito da cinque persone piuttosto che quello di C.C., che risiedeva altrove, disponeva di abitazione di proprietà e non aveva allegato alcuna specifica esigenza a sostegno della sua richiesta.
Il Collegio rileva che effettivamente in relazione ai criteri di attribuzione di un immobile indivisibile fissati dall’art. 720 c.c. sussiste un primo orientamento giurisprudenziale secondo il quale il criterio preferenziale della attribuzione del bene al condividente titolare della quota maggiore può essere derogato solo per motivi gravi ed attinenti all’interesse comune dei condividenti (Cass. 13.7.1983 n. 4775; Cass. 21.2.1985 n. 1528; Cass. 11.7.1995 n. 7588);
invece secondo un diverso indirizzo di questa Corte divenuto ormai prevalente il giudice può discostarsi dal criterio preferenziale sancito dall’art. 720 c.c. avendo egli un potere prettamente discrezionale nella scelta del condividente cui assegnare l’immobile indivisibile, potere che trova il suo contemperamento esclusivamente nei criteri di opportunità che debbono ispirare la scelta e nell’obbligo di indicarne i motivi (Cass. 7.5.1987 n. 4233; Cass. 11.8.1990 n. 8201; Cass. 19.3.2003 n. 4013; Cass. 22.3.2004 n. 5679;
Cass. 16.2.2007 n. 3646).
Il Collegio ritiene di aderire a questo secondo indirizzo in quanto più corrispondente alla lettera ed alla “ratio” dell’art. 720 c.c..
Invero l’espressione “preferibilmente” rende esplicita sotto un profilo lessicale la scelta legislativa per l’attribuzione di un immobile indivisibile tendenzialmente al titolare della quota maggiore senza quindi escludere la legittimità di una opzione diversa e senza peraltro indicare i presupposti che consentano tale deroga; tale formulazione della norma quindi accorda il giudice un ampio potere discrezionale che, per non sconfinare nell’arbitrio, deve pur sempre tener conto dei concreti elementi di fatto che caratterizzano le singole fattispecie e della esigenza quindi di esaminare i contrapposti interessi dei condividenti in proposito;
ciò pertanto comporta l’obbligo del giudice, nel discostarsi dal criterio preferenziale dell’attribunzione dell’immobile indivisibile al condividente titolare della quota maggiore, di fornire adeguata e logica motivazione di tale diversa opzione.
Deve del resto aggiungersi che il diverso orientamento che restringe la suddetta deroga all’esistenza di gravi motivi attinenti all’interesse comune dei condividenti introduce nell’interpretazione del contenuto precettivo dell’art. 720 c.c. una limitazione che la norma non prevede e che si configura comunque in concreto di difficile individuazione (ed invero la richiamata pronuncia di questa Corte 11.7.1995 n. 7588 che sostiene tale assunto non specifica in cosa consistano tali gravi motivi attinenti all’interesse comune dei condividenti); al riguardo deve osservarsi che un giudizio di divisione immobiliare in cui vi è contrasto tra le parti circa l’attribuzione di un immobile indivisibile si risolve in una controversia caratterizzata dalla contrapposizione degli interessi dei condividenti in ordine alle diverse modalità di attuazione della divisione stessa, cosicchè è ben comprensibile la difficoltà di ravvisare dei motivi gravi e comuni ai condividenti stessi che possano legittimare la deroga al criterio preferenziale di cui all’art. 720 c.c. secondo l’indirizzo giurisprudenziale al quale non si ritiene di poter aderire. Comunque il giudice di appello non ha escluso che un rilevante interesse comune ai condividenti all’adozione di una determinata soluzione giustifichi la deroga al suddetto criterio preferenziale, ma ha valorizzato al riguardo nello stesso senso anche l’individuazione di un interesse personale prevalente rispetto agli altri con esso confliggenti; in proposito egli ha esaurientemente esposto le ragioni per le quali ha ritenuto di attribuire l’immobile per cui è causa a C.G. invece che a C.C., considerate le esigenze abitative del primo e della sua famiglia rispetto a quelle dell’attuale ricorrente, che disponeva di abitazione in proprietà; la Corte territoriale ha altresì rilevato, in ordine alle deduzioni dell’appellante sulla effettiva possibilità di utilizzare l’immobile per cui è causa quale abitazione, data la sua fatiscenza, che C.G., pur corrispondendo il conguaglio e provvedendo ai lavori di restauro, avrebbe potuto acquisire una casa di abitazione a costi notevolmente più contenuti rispetto al prezzo di vendita di un appartamento.
Pertanto il giudice di appello ha espresso il suo convincimento in ordine alla opportunità di attribuire l’immobile per cui è causa a C.G. all’esito di un accertamento di fatto sorretto da congrua e logica motivazione, come tale insindacabile in questa sede.
Il ricorso deve quindi essere rigettato; ricorrono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese di giudizio.
Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2008.
Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2008

Vi sono analogie fra la discussione, pur non essendo in quelle fasi, ma credo ci giungeremo visti i disaccordi con due sorelle. In sintesi mi conviene acquistare le quote di una per la casa ereditata insieme o eventualmente chiederne l’attribuzione per gravi motivi di salute se un a delle due acquista la quota dell’altra? Grazie