Separazione: alcune interessanti questioni processuali in una sentenza del Tribunale di Novara

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Nella sentenza in esame, il Tribunale di Novara affronta una serie di interessanti questioni che possono essere così sintetizzate:

  1. – è possibile proporre la domanda di addebito con la 1° memoria ex art. 183?
  2. – è possibile richiedere l’assegno di mantenimento, in assenza di modifiche, per la prima volta con la 1° memoria ex art. 183?
  3. – è possibile chiedere la condanna del coniuge inadempiente ex art. 709 ter, con la 1° memoria ex art. 183?
  4. – come si calcola l’assegno di mantenimento nel caso in cui il coniuge convenuto non si costituisca in giudizio?
  5. – va disposto l’affidamento condiviso qualora il coniuge convenuto dimostri disinteresse per la prole?

 Alla prima domanda il Tribunale risponde negativamente; la domanda di addebito va fatta al più tardi con la memoria integrativa.

Anche la seconda domanda trova risposta negativa, in quanto il coniuge risultava disoccupato, dunque avrebbe dovuto avanzarla direttamente in ricorso.

La terza domanda trova risposta positiva.

Quarta domanda:  qualora, a seguito della contumacia della parte obbligata alla contribuzione – nella specie il genitore nei confronti della prole -, il Tribunale si trovi nella necessità di determinare il quantum dell’obbligo contributivo in contumacia della parte obbligata, occorre riferirsi in primis alle informazioni, fornite dall’altra parte costituita, in merito alle condizioni patrimoniale del contumace, procedendo a un vaglio della loro attendibilità alla luce degli elementi istruttori disponibili – e compatibilmente, almeno nella fase presidenziale, con la necessaria urgenza dell’emanazione dei provvedimenti provvisori; 2) qualora la parte costituita non sia in grado di fornire alcuna informazione, nemmeno sub specie di allegazione mera – e suscettiva di essere verificata dal Tribunale – l’obbligo contributivo dovrà comunque essere sancito e, nella specie, determinato sulla scorta della capacità lavorativa generica rinvenibile in capo al genitore contumace, e quale risultante dai dati anagrafici a disposizione nonché alla luce delle eventuali informazioni integrative rese dalla parte costituita, la cui attendibilità andrà vagliata dal Tribunale, sempre tenendo presente, almeno nella fase presidenziale, la necessaria urgenza dell’emanazione dei provvedimenti provvisori;

Anche la quinta domanda trova risposta affermativa, posto che la mancanza di interesse verso i figli da parte di un genitore giustifica un affidamento di tipo esclusivo.

 

Tribunale Novara 20/05/2011 n. 428

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il rapporto coniugale e l’introduzione del giudizio I signori M.M. e P.G. contraevano matrimonio con rito concordatario in data …omissis…1994 in ….
Dal matrimonio sono nate le figlie N. …omissis…e I. il …omissis….

Con ricorso depositato in data 28.7.2009 la sig.ra M.M. chiedeva a questo Tribunale di pronunciare la separazione personale dei coniugi, nonché di adottare i provvedimenti urgenti nell’interesse delle minori;

Avanti al Presidente del Tribunale, all’udienza del 2.12.2009, il convenuto non compariva nonostante regolare notifica e non poteva essere svolto il tentativo di conciliazione;

Il Presidente, con ordinanza in data 2.12.2009, autorizzava i coniugi a vivere separati, affidava le figlie minori a entrambi i genitori disponendone la collocazione prevalente presso la madre, cui assegnava la casa coniugale, e disponendo che il padre potesse vederle e tenerle con sé secondo accordi con la madre alla quale era rimesso di valutare, secondo l’interesse delle minori, le modalità e la frequenza degli incontri; poneva inoltre a carico del padre l’obbligo di contribuire al mantenimento delle figlie versando alla coniuge l’assegno periodico di euro 1.200,00 (euro 600,00 per ciascuna) oltre al 100% delle spese straordinarie, alla luce dello stato di disoccupazione della madre;

Avanti al G.I. nominato, la parte attrice si costituiva depositava memoria integrativa che richiamava, nelle conclusioni, quelle del ricorso; la parte convenuta non si costituiva e veniva dichiarata contumace.

Con la prima memoria ex art. 183 c.p.c. parte attrice introduceva per la prima volta la domanda di addebito della separazione al marito e, alla luce della reiterata violazione delle disposizioni dettate in fase presidenziale da parte dello stesso (il quale dopo aver abbandonato la casa coniugale si disinteressava delle figlie e ometteva di versare quanto stabilito per il loro mantenimento), chiedeva l’affidamento esclusivo delle minori alla madre e la regolamentazione, in termini più ristretti, del diritto di visita paterno, nonché la posizione a carico del resistente anche di un contributo al mantenimento della moglie, prima non richiesto, e, ex art. 709 ter c.p.c. l’ammonizione di esso resistente e la sua condanna al pagamento di una somma da liquidarsi in via equitativa a titolo di risarcimento del danno per le condotte elusive delle disposizioni sull’affidamento delle minori e causative di pregiudizio alle medesime;

Non veniva svolta istruttoria.

All’udienza del 9.3.2011, precisate le conclusioni come in epigrafe, la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione.

Le istanze istruttorie e la domanda di addebito
Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità della domanda di addebito in quanto tardivamente proposta: va infatti rilevato che detta domanda non è stata proposta né con il ricorso né con la memoria integrativa ma solo con la prima memoria ex art. 183 c.p.c.: il che la rende patentemente inammissibile perché si tratta di domanda autonoma (sicché la sua introduzione integra, in quella sede, una mutatio libelli non consentita) e non rientra nell’arca dei provvedimenti modificabili nel corso del giudizio ex art. 709 c.p.c. (o successivamente ex art. 710 c.p.c.) in quanto trattasi di pronuncia accessoria alla pronuncia de statu e non attinente alle disposizioni in ordine all’affidamento e ai diritti contributivi che, invece, possono scontare, nel corso del giudizio e successivamente, sopravvenienze che inducano a chiederne la modifica;
Si tratta dunque di una domanda che può essere proposta con il ricorso e, al più tardi, con la memoria integrativa, ma non successivamente.
Ciò posto, deve essere integralmente confermata l’ordinanza istruttoria resa dal GI in seno all’udienza del 27.10.2010 con la quale venivano rigettate tutte le istanze istruttorie avanzate da parte attrice: a) i capi di prova testimoniale, in quanto inammissibili perché in parte valutativi e in parte irrilevanti; b) la richiesta di indagini tributarie, perché manifestamente esplorativa;
Valutazioni che non possono che essere, qui, integralmente condivise: considerato, quanto ai capi di prova testimoniale, che i capi da 1 a 4 della memoria ex 183 n. 2 c.p.c. depositata il 30.9.2010 si riferiscono alla prova dell’addebitabilità della separazione: domanda che, come si è detto, risulta a monte inammissibile, e i capi da 5 a 18 attengono a fatti sopravvenuti al provvedimento presidenziale di autorizzazione a vivere separati, e successivi all’allontanamento (coattivamente eseguito) dell’odierno convenuto dalla casa coniugale;
Dette circostanze, dunque, a ben vedere, non trovano la loro propria ed esatta collocazione nelle presupposizioni probatorie – trattandosi, in punta di diritto, di “sopravvenienze” in senso tecnico – quanto invece nelle allegazioni proposte in corso di causa a sostegno di istanze modificative (e/o sanzionatone ex art. 709 ter c.p.c.), istanze pour cause proponibili in ogni fase del processo e sino alla precisazione delle conclusioni e non soggette a decadenze (proprio perché rispondenti a evoluzioni verificatesi in corso di causa) né all’accertamento istruttorio proprio del rito ordinario (art. 183 c.p.c.), che invece si applica in relazione alle domande introduttive de statu (separazione e addebito) e alle domande accessorie nei limiti, però, della loro cristallizzazione al momento dell’introduzione del giudizio. Salva la facoltà, sul punto, come si diceva, di istanze di modifica ultradecadenziali e fermo restando, però, in questo caso (come subito oltre si dirà trattando della domanda di contributo al mantenimento della ricorrente, proposta per la prima volta con la memoria depositata il 15.7.2010) l’onere del richiedente di sostenere la richiesta di modifica adducendo una mutazione dello status quo rispetto all’introduzione del giudizio, quando la domanda non era stata posta o era stata diversamente formulata; quanto, da ultimo, alle indagini tributarie il Collegio condivide che la formulazione dell’istanza appaia, in effetti, scontare un’invincibile genericità che la rende professamene esplorativa.

La domanda di separazione
La domanda di separazione appare accoglibile, poiché risulta configurata la fattispecie di cui all’art. 151, comma primo, c.c.
È provato che si sono verificati fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza; i coniugi, infatti, vivono separati ormai da tempo e dal comportamento tenuto nel corso degli anni, dalle difese e dalle domande formulate si evince che la prosecuzione della convivenza non sarebbe tollerabile.

L’affidamento delle minori
Per quanto attiene, poi, ai provvedimenti nell’interesse della prole, pur in considerazione dell’intervenuta entrata in vigore della riforma varata dal legislatore con la l. n. 54/2006, che impone di valutare prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori (art. 155 comma 2 c.c.) e ha previsto l’affidamento condiviso come la regola, nel caso di specie, in considerazione della mancata manifestazione di alcun interesse all’affidamento dei figli da parte dell’odierno convenuto, devono ritenersi sussistere i presupposti per l’affidamento esclusivo delle figlie minori della coppia alla ricorrente, in quanto la previsione dell’affidamento condiviso in sede presidenziale si è tradotta in una mera petitio principii infrangendosi nel totale disinteresse del padre, il quale non solo non si è attivato per strutturare un regime di incontri costante ed equilibrato con le figlie, ma ha anche eluso i provvedimenti contributivi assunti in fase presidenziale, così facendo loro mancare i mezzi di sussistenza.
Quanto al regime di visita paterno, alla luce delle reiterate e importanti violazioni poste in essere dal padre in ordine ai provvedimenti inerenti all’affidamento delle minori e al oro mantenimento, corre l’obbligo di disporre che, qualora il sig. P. intenda riprendere un rapporto con le minori, debba necessariamente attivarsi presso i servizi sociali competenti per territorio (comune di residenza: Cameri) ai quali sarà rimesso di vagliare, avendo sempre quale riferimento il superiore interesse delle minori, l’opportunità della ripresa degli incontri, la loro frequenza e la loro modalità;

L’assegnazione della casa coniugale.
Deve essere confermata l’assegnazione della casa coniugale, con gli arredi che la compongono, alla sig. M.M. in quanto genitore affidatario della prole minorenne.

Il contributo al mantenimento delle minori e della moglie
Quanto alla richiesta di porre a carico del convenuto contumace l’obbligo di contribuire al mantenimento della moglie, anch’essa richiesta avanzata per la prima volta con la memoria ex art. 183 n. 1 c.p.c., la domanda va respinta: se è pur vero, infatti, che la domanda de qua rientra nell’assetto delle disposizioni modificabili in corso di causa, non è meno vero che parte attrice non ha addotto alcun nuovo elemento a sostegno della domanda per la prima volta avanzata con memoria ex art. 183 n. 1 c.p.c. limitandosi a introdurre, hic et nunc, una domanda autonoma non proposta prima, pur a parità di condizioni (risulta infatti invariato lo stato di disoccupazione della ricorrente dal momento dell’introduzione del giudizio), sì che la domanda non può trovare accoglimento.
Quanto invece al contributo per il mantenimento della prole, va integralmente confermata, in parte qua, l’ordinanza presidenziale in data 2.12.2009, il cui impianto motivazionale, sul punto, giova qui rimarcare.
La contumacia del resistente non può ritenersi condizione ostativa alla posizione, a carico del resistente medesimo, dell’obbligo di contribuzione al mantenimento della prole.
Se, infatti, è vero che la scelta di restare contumace implica, de facto, una maggiore difficoltà per il Tribunale di procedere alla ricognizione della situazione patrimoniale facente capo al resistente contumace, ciò nondimeno tale evenienza non potrebbe certo tradursi in una deflessione del primario interesse della prole a ricevere, comunque, i necessari mezzi di sussistenza.
In conseguenza ritiene il tribunale di uniformarsi ai seguenti corollari:
1) qualora, a seguito della contumacia della parte obbligata alla contribuzione – nella specie il genitore nei confronti della prole -, il Tribunale si trovi nella necessità di determinare il quantum dell’obbligo contributivo in contumacia della parte obbligata, occorre riferirsi in primis alle informazioni, fornite dall’altra parte costituita, in merito alle condizioni patrimoniale del contumace, procedendo a un vaglio della loro attendibilità alla luce degli elementi istruttori disponibili – e compatibilmente, almeno nella fase presidenziale, con la necessaria urgenza dell’emanazione dei provvedimenti provvisori;
2) qualora la parte costituita non sia in grado di fornire alcuna informazione, nemmeno sub specie di allegazione mera – e suscettiva di essere verificata dal Tribunale – l’obbligo contributivo dovrà comunque essere sancito e, nella specie, determinato sulla scorta della capacità lavorativa generica rinvenibile in capo al genitore contumace, e quale risultante dai dati anagrafici a disposizione nonché alla luce delle eventuali informazioni integrative rese dalla parte costituita, la cui attendibilità andrà vagliata dal Tribunale, sempre tenendo presente, almeno nella fase presidenziale, la necessaria urgenza dell’emanazione dei provvedimenti provvisori;
Del resto, tale conclusione appare vieppiù confermata dalla circostanza che ad analoghe conclusioni – id est in punto di mantenimento “minimo”, non derogabile e determinato alla stregua della generica capacità lavorativa del genitore – il costante insegnamento di legittimità è giunto in relazione alla problematica della determinazione dell’obbligo contributivo a carico del genitore disoccupato.
Nel solco di questa problematica, infatti, si è affermato che a seguito della separazione personale tra coniugi, la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantirle un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo, per quanto possibile, a quello goduto in precedenza, continuando a trovare applicazione l’art. 147 c.c. che, imponendo il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbliga i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione – fin quando l’età dei figli lo richieda – di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione, mentre il parametro di riferimento, ai fini della determinazione del concorso negli oneri finanziari, è costituito, secondo il disposto dell’art. 148 c.c., non soltanto dalle sostanze, ma anche dalla capacità di lavoro , professionale o casalingo, di ciascun coniuge, ciò che implica una valorizzazione anche delle accertate potenzialità reddituali (cfr. Cassazione civile, sez. I, 19 marzo 2002, n. 3974); e che, pertanto, lo stato di disoccupazione del genitore non affidatario non può comunque giustificare il venir meno dell’obbligo di mantenimento, il quale, in assenza di altri parametri, va quantificato sulla scorta della capacità lavorativa generica;
Nel caso di specie, non vi sono motivi per non presumere in capo al convenuto contumace non solo la capacità lavorativa generica ma anche la concreta fruizione di attività lavorativa, in quanto parte attrice riferisce (cfr. memoria 183 n. 2 depositata 30.9.2010, pag. 3) che esso convenuto presta, o comunque ha prestato durante la pendenza del giudizio, attività lavorativa.
Alla luce di tali considerazioni, e facendo applicazione degli esposti principi, deve essere posto a carico del sig. P. un assegno per contribuire al mantenimento delle figlie minori nella stessa misura individuata in sede presidenziale: euro 1.200,00 mensili (euro 600,00 per ciascuna figlia) da versare entro il giorno 5 di ogni mese e soggette a rivalutazione annuale ISTAT, oltre al 100% delle spese mediche non mutuabili, scolastiche e straordinarie.

La domanda risarcitoria ex art. 709 ter c.p.c.
Deve essere accolta la domanda ex art. 709 ter c.p.c. avanzata dalla ricorrente in sede di prima memoria ex art. 183 c.p.c. (in quanto trattasi di domanda che, differentemente dalla domanda di addebito, può essere introdotta in qualsiasi stato del processo) sia pure solo in riferimento alla domanda condannatoria (condanna al risarcimento del danno da determinarsi in via equitativa in favore della moglie) e non anche in riferimento all’ammonizione, in quanto, allo stato dei fatti, un’ammonizione al contumace non avrebbe alcun effetto utile, risolvendosi, anche in questo caso, in una mera petizione di principio.
Sulla domanda di condanna al risarcimento del danno, che il Collegio invece accoglie, si rendono necessarie alcune precisazioni di ordine liminare.
Pare corretto ritenere, con riguardo alla ontologica consistenza dei provvedimenti di cui all’articolo 709 ter, comma secondo, seconda parte, nn 1,2,3 e 4 c.p.c. (ammonizione prevista dal n. 1, misura coercitiva di natura patrimoniale prevista dal n. 4, risarcimento del danno nei confronti del minore e/o dell’altro genitore di cui ai nn 2 e 3), che tali provvedimenti a contenuti economico, e a carattere squisitamente coercitivo – sanzionatorio, siano riconducibili alla fenomelogia dei c.d. “danni punitivi” (i punitive damages di diritto anglosassone ovvero le astreintes presenti nell’ordinamento francese), e mirino, nella sostanza, a dissuadere entrambi i genitori dal tenere o proseguire ogni condotta seriamente nociva ai figli anche con riguardo al loro affidamento.
Su tale assetto esegetico si sta attestando, per vero, la ,maggioritaria giurisprudenza di merito. A titolo di esempio: Tribunale Palermo, 2 novembre 2007 ha osservato che “Le ipotesi prevista dai n. 2 e 3 dell’art. 709 ter c.p.c. hanno natura giuridica di pena privata, poiché l’art. 709 ter c.p.c. ha l’evidente scopo di approntare tutela nei confronti del genitore che non rispetta i provvedimenti di natura personale (di per sé non coercibili) ed anche perché la natura ufficiosa della pena (anche se di carattere privato) è più coerente con le caratteristiche dei provvedimenti provvisori ed urgenti emessi a tutela della prole in sede di separazione e divorzio (iniziativa anche ufficiosa; non necessità della nomina del curatore; competenza del giudice che procede; decisione con ordinanza in corso di causa da confermarsi con sentenza all’esito della causa ovvero decisione con decreto in sede di modifica per fatti sopravvenuti alla sentenza), a differenza del danno esistenziale, altra figura giuridica alla quale sarebbe astrattamente riconducibile la previsione legislativa (nel caso di specie il provvedimento cautelare è stato “in parte qua” rigettato, perché il comportamento asseritamente lesivo della madre era già cessato e, pertanto, non vi era più interesse alla pronunzia immediata delle due condanne, rimessa al collegio per la decisione definitiva)”; Tribunale Messina, 5 aprile 2007 ha, d’altro canto, osservato che “Con i provvedimenti sanzionatori ex art. 709 ter c.p.c. (l. n. 54 del 2006, n. 2, 3, 4) è stata introdotta nel nostro ordinamento la categoria dei cc.dd. danni punitivi, allo scopo non di compensare la lesione del bene protetto subita dal soggetto passivo, che potrà con azione ordinaria chiedere il risarcimento del danno , ma di dissuadere entrambi i genitori dal tenere o proseguire ogni condotta seriamente nociva ai figli anche con riguardo al loro affidamento: la previsione dei cc.dd. danni punitivi dà luogo ad una misura coercitiva e di pressione psicologica analoga a quella propria del sequestro ex art. 156 c.c., contribuendo a dare sollecita, congrua risposta alle esigenze minorili più rilevanti ed urgenti; i provvedimenti “de quibus”possono, quindi, essere adottati anche dal g.i.”.
E, del resto, all’argomento ostativo usualmente avanzato dai detrattori dell’impostazione sanzionatoria, secondo il quale non sarebbe riconosciuto, nel nostro ordinamento, diritto di cittadinanza ai danni punitivi (giusta un’asserita incompatibilità del loro fondamento ontologico con il nostro sistema di responsabilità civile, come parrebbe desumersi da Cass. 19 gennaio 2007 n. 1183 che, nel negare il riconoscimento di una sentenza di condanna ai danni punitivi pronunciata dal giudice statunitense, avrebbe rilevato la contrarietà di tale tipologia di danno all’ordine pubblico interno) ben si può tuttavia replicare che recenti novelle legislative introdotte dal legislatore portano a porre in scacco la granitica e stentorea conclusione dell’incompatibilità tra il nostro sistema interno e tale tipologia sanzionatoria: ci si riferisce, com’è chiaro, all’entrata in vigore del nuovo comma 3 dell’articolo 96 c.p.c.: che attribuisce effettivamente al giudice il potere di esercitare poteri ufficiosi per condannare il soccombente a una somma equitativamente determinata” anche in assenza di danni risarcibili e dell’elemento psicologico del dolo o della colpa: integrando, così, un danno che la stessa giurisprudenza di merito, in sede di prima applicazione, si sta orientando a qualificare come sanzionatorio (cfr. Tribunale di Verona ordinanze del 1 luglio 2010 e 1 ottobre 2010; nonché, sempre Tribunale di Verona, sezione III civile, sentenza 20 settembre 2010).
Venendo al merito, il disinteresse mostrato dal convenuto non solo per il presente procedimento, ma anche, e soprattutto, verso le figlie minori, alle quali, a quanto consta ex actis (cfr. ancora comparsa conclusionale di parte attrice depositata il 15.4.2011, pagg. 3,4) il padre ha sempre fatto mancare, dopo l’emissione dei provvedimenti urgenti in fase presidenziale, i mezzi di sussistenza, né si è più preoccupato di cercarle e interessarsi alla loro vita: così causando un irrefutabile nocumento alle stesse anzi tutto sotto il profilo materiale, in quanto le ha di fatto lasciate prive dei mezzi di sussistenza (essendo la madre odierna attrice disoccupata), e, non certo di minore importanza, sotto il profilo morale: ponendo in essere nei loro confronti un ingiustificato quanto drastico abbandono.
Risultano dunque integrati i presupposti di cui all’art. 709 ter, comma secondo, c.p.c. e, per l’effetto, il convenuto contumace deve essere, quale genitore inadempiente, condannato al risarcimento del danno (causato dalle gravi inadempienze e dai riflessi pregiudizi arrecati alle minori) nei confronti della madre – odierna attrice: danno che viene liquidato, equitativamente e in valuta attuale, in euro 5.000,00;

Le spese del giudizio.
Il convenuto soccombente deve essere condannato alle spese di giudizio alla luce delle ripetute violazioni delle disposizioni adottate nell’interesse morale e materiale delle minori; attesa l’ammissione della parte attrice al Patrocinio a spese dello Stato (delibera Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Novara del 16.6.2009), si dispone che il pagamento sia effettuato “a favore dello Stato”.

P.Q.M.

Il Tribunale di NOVARA,
definitivamente pronunciando, anche in relazione all’istanza ex art. 709 ter c.p.c proposta in corso di causa, respinta ogni diversa istanza, eccezione, deduzione e domanda,
– pronuncia la separazione personale dei coniugi M.M. e P.G. ai sensi dell’art. 151, comma primo, c.c.
– Assegna la casa coniugale, con gli arredi che la compongono, a M.M.
– Affida le figlie minori alla madre;
– Dispone che, qualora il sig. P. intenda riprendere un rapporto con le minori, debba necessariamente attivarsi presso i servizi sociali competenti per territorio (comune di residenza: Cameri) ai quali sarà rimesso di vagliare, avendo sempre quale riferimento il superiore interesse delle minori, l’opportunità della ripresa degli incontri, la loro frequenza e la loro modalità;
– Dispone la comunicazione della presente sentenza, a cura della cancelleria, ai servizi sociali competenti per territorio (comune di residenza: Cameri) per l’attuazione dell’incarico su esposto;
– Il sig. P. corrisponderà all’altro coniuge, per il mantenimento delle figlie, l’assegno periodico di euro 1.200,00 mensili (euro 600,00 per ciascuna figlia) da versare entro il 5 di ogni mese e da rivalutare annualmente secondo gli indici ISTAT oltre al 100% delle spese mediche non mutuabili, scolastiche e straordinarie;
– Condanna P.G. al risarcimento del danno in favore di M.M., ex art. 709 ter, 2° co., n. 3, c.p.c., danno liquidato in complessivi euro 5.000,00, oltre interessi legali dalla domanda (15.7.2010: data del deposito della memoria ex art. 183 n. 1 c.p.c. contenente l’istanza ex art. 709 ter c.p.c.) al saldo;
– Condanna il convenuto soccombente al pagamento delle spese di giudizio, complessivamente liquidate, in assenza di notula, in euro 6.657,19 – di cui euro 1.217,50 per diritti; euro 4.700,00 per onorari; euro 739,69 per rimborso forfetario spese generali 12,5% su diritti e onorari, nonché C.P.A. ed I.V.A. come per legge sugli importi imponibili, e dispone che il pagamento sia effettuato a favore dello Stato.
– Dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva tra le parti.
Così deciso nella Camera di Consiglio della sezione civile del Tribunale Ordinario di
NOVARA in data 19/5/2011


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.


Un commento:

  1. Concetta

    Ottimo articolo, quindi con le memorie ex art.183 comma 6 si può chiedere la modifica delle condizioni statuite dal Presidente con la sua ordinanza.
    Pertanto con la seconda memoria posso chiedere un collocamento diverso della prole, ecc oltre a chiedere l’ ammissione mezzi istruttori.



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