Con molto piacere pubblichiamo l’articolo della Collega Manola Faggiotto su quella che è stata definita “la stella” (speriamo non cadente) della riforma del processo civile, ovvero il processo sommario di cognizione. Un rapido, ma non per questo superficiale, commento comma dopo comma.
PRIME OSSERVAZIONI SUL
PROCEDIMENTO SOMMARIO DI COGNIZIONE
Art. 702 bis – FORMA DELLA DOMANDA. COSTITUZIONE
DELLE PARTI
Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, la domanda può essere proposta con ricorso al tribunale competente. Il ricorso, sottoscritto a norma dell’articolo 125, deve contenere le indicazioni di cui ai numeri 1), 2), 3), 4), 5) e 6) e l’avvertimento di cui al numero 7) del terzo comma dell’articolo 163.
[ Restano escluse le cause riservate alla trattazione collegiale, quelle di
competenza del Giudice di Pace, quelle attribuite in unico grado alla Corte
d’Appello , quelle assoggettate ad un rito speciale.
E’ da ritenere che il richiamo tout court al n. 6 dell’art. 163 c.p.c. sia frutto
di una svista del legislatore in quanto, trattandosi di procedimento promosso
mediante ricorso, è indispensabile la indicazione della procura alle liti già
nell’atto introduttivo .
Ed invero, la regola generale sancita dall’art. 125, comma 2, c.p.c. secondo
cui la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla
notificazione dell’atto purchè anteriormente alla costituzione della parte
rappresentata , non è applicabile ai procedimenti promossi mediante ricorso
in quanto, in tali casi, la costituzione della parte rappresentata coincide con
il deposito del ricorso in cancelleria ( Cass. n. 1899/2007 che richiama
Cass. n. 972/1999).
Lo stesso rinvio per relationem “ all’avvertimento di cui al n. 7 ) del terzo
comma dell’articolo 163 ” ( che , a seguito delle intervenute modifiche va
coordinato con il nuovo testo dell’art. 38 c.p.c. in materia di incompetenza )
mal si concilia con la struttura del procedimento in esame in cui sia il giorno
della udienza di comparizione , sia i termini per la costituzione del
convenuto sono indicati – nel decreto emesso dal giudice designato –
successivamente alla proposizione del ricorso.
L’avvertimento di cui al citato n. 7 ) dovrebbe essere così formulato : “
…avverte il convenuto che deve costituirsi in giudizio entro il termine
assegnato dal Giudice nel decreto di fissazione della udienza di
comparizione delle parti che verrà notificato, unitamente al ricorso
,almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione , o, in
difetto di assegnazione di detto termine , non oltre dieci giorni prima
dell’udienza con l’avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine
implicherà le decadenze di cui agli art. 38 e 702-bis c.p.c…….“.
Atteso il richiamo all’art. 163 c.p.c. e in mancanza di una disciplina
specifica delle nullità del ricorso è ragionevole far capo al regime delle
nullità della citazione, contenuto nell’art. 164 c.p.c. ( nella parte,
ovviamente, in cui essa è utilizzabile, perché è in quell’articolo che riceve
tutela il diritto del convenuto al rispetto del termine di comparizione e , più
in generale il diritto di difesa costituzionalmente garantito ) ].
A seguito della presentazione del ricorso il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del tribunale, il quale designa il magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento.
[ La norma , riproducendo pedissequamente il disposto dell’ultimo comma
dell’art. 669-ter c.p.c., prevede che il cancelliere presenti “senza ritardo” il
fascicolo d’ufficio al presidente del Tribunale il quale provvederà a
designare il magistrato . Ora , mentre nel procedimento cautelare sia gli
adempimenti a carico del cancelliere , sia il provvedimento di designazione
del magistrato devono essere adottati entro un tempo che ne giustifichi la
funzione cautelare , nella ipotesi del procedimento sommario di cognizione,
che non ha natura cautelare ( nella relazione accompagnatoria del disegno
di legge originario il titolo dell’art. 56 , introduttivo del procedimento in
esame, era “Procedimento sommario non cautelare”) , deve ritenersi che
dette attività debbano intervenire entro un arco temporale compatibile con
le finalità acceleratorie del procedimento in oggetto.]
Il giudice designato fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti,assegnando il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre dieci giorni prima dell’udienza; il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato al convenuto almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione.
[ Pur mancando la previsione espressa di un termine per la emissione del
decreto di fissazione della udienza di comparizione delle parti è da ritenere,
in considerazione delle finalità acceleratorie del procedimento di cui si è
detto sopra , che il provvedimento dovrà essere adottato entro tempi tali da
assicurare il rispetto delle cennate finalità.
E’ da sottolineare che la norma non specifica ( diversamente, ad esempio da
quanto dispone l’art. 415 c.p.c., ) che la notifica venga effettuata a cura del
ricorrente .]
Il convenuto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria della comparsa di risposta, nella quale deve proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili d’ufficio.
[ Il contenuto della comparsa di risposta ricalca sostanzialmente la
formulazione dell’art. 167 c.p.c.
Alla luce delle modifiche apportate all’art. 115 c.p.c. si sarebbe dovuto
prevedere l’onere del convenuto di contestazione specifica dei fatti dedotti
dall’attore-ricorrente Così come sarebbe stato opportuno integrare il
contenuto dell’atto introduttivo prevedendo l’obbligo di preciso avviso sulle
conseguenze della mancata specifica contestazione ( è appena il caso di
sottolineare che tale previsione avrebbe dovuto riguardare anche il processo
a cognizione piena) .
Manca, tuttavia, il richiamo alla esplicita disposizione, di cui al 2° comma
dell’art. 167 c.p.c., della assegnazione al convenuto di un termine perentorio
per integrare la domanda riconvenzionale qualora sia assolutamente incerto
l’oggetto o il titolo della stessa ( ferme restando le decadenze maturate e
salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione) .
Quid juris ?
Dovendo il principio del contraddittorio trovare piena attuazione, va
riconosciuto al ricorrente ( o ad entrambe le parti in relazione alle difese
espletate dal terzo) il potere di proporre le domande e le eccezioni che sono
conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni formulate dal
convenuto . Andrà , altresì, riconosciuto il potere di chiedere la
autorizzazione a chiamare in causa un terzo se l’esigenza è sorta dalle difese
del convenuto .
Il termine di riferimento è la prima udienza .
Oltre detta udienza, se il procedimento resta sommario, una volta fissati il
thema decidendum e il thema probandum non sarà possibile né proporre
nuove domande ed eccezioni, né modificare quelle già proposte .
In caso di mutamento del rito- che si verificherà qualora il Giudice ritenga
necessaria per la decisione della controversia ( ovvero della domanda
oggetto della riconvenzionale) una “istruzione non sommaria” – il termine
di riferimento potrebbe essere diverso come si spiegherà infra sub. art. 702-
ter , comma 3.]
Se il convenuto intende chiamare un terzo in garanzia deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di costituzione e chiedere al giudice designato lo spostamento dell’udienza. Il giudice, con decreto comunicato dal cancelliere alle parti costituite, provvede a fissare la data della nuova udienza assegnando un termine perentorio per la citazione del terzo. La costituzione del terzo in giudizio avviene a norma del quarto comma.
[ Benché la norma contempli solo la chiamata di un terzo in garanzia è da
ritenere che sia compresa la facoltà della chiamata in tutti i casi previsti
dall’art. 106 c.p.c.
Quanto alle modalità della chiamata in causa valgono le regole di cui al
giudizio ordinario di cognizione (art. 269 c.p.c.).
Nel fissare la data della nuova udienza e nell’assegnare al convenuto un
termine perentorio per la citazione del terzo, il Giudice dovrà valutare il
rispetto dei termini di cui al terzo comma dell’art. 702-bis .
La disposizione in esame non fa cenno all’intervento volontario ( art. 105
c.p.c.) né all’intervento per ordine del Giudice ( art. 107 c.p.c.) .
Devono ritenersi applicabili , rispettivamente , gli artt. 267-268 c.p.c. e gli
artt. 270-271 c.p.c. ( ricordando, quanto all’art. 271 c.p.c., che, come
sancito dalla Corte Cost. con sentenza n. 260/1997 , il richiamo all’art. 167
c.p.c. comprende anche il comma 2 dell’art. stesso ).
( E’ appena il caso di osservare che ,quanto al rito del lavoro, con sentenza
n. 193/1983 la Corte Cost. ha dichiarato illegittimo l’art. 419 c.p.c. con
riferimento agli art. 3 e 24 cost. “nella parte in cui – ove un terzo spieghi
intervento volontario in una causa di lavoro – non attribuisce al giudice il
potere-dovere di fissare (con il rispetto del termine di cui all’art. 415,
comma 5) – una nuova udienza non meno di dieci giorni prima della quale
potranno le parti originarie depositare memoria e disporre che, entro
cinque giorni, siano notificati alle parti originarie il provvedimento di
fissazione e la memoria dell’interveniente, e che sia notificato a quest’ultimo
il provvedimento di fissazione della nuova udienza.”. ) ]
Art. 702 ter – PROCEDIMENTO.
Il giudice, se ritiene di essere incompetente, lo dichiara con ordinanza. Se rileva che la domanda non rientra tra quelle indicate nell’articolo 702 bis, il giudice, con ordinanza non impugnabile, la dichiara inammissibile. Nello stesso modo provvede sulla domanda riconvenzionale.
[ Qualora il Giudice ritenga la propria incompetenza , lo dichiara con
ordinanza ( che sarà impugnabile con il regolamento di competenza ).
Ancorché la norma parli “genericamente” di incompetenza è ragionevole
ritenere , giusta il disposto del novellato art. 38 c.p.c. , che anche nel
procedimento sommario il Giudice non possa rilevare d’ufficio
l’incompetenza per territorio semplice .
Poniamo il caso che non venga pronunciata ordinanza di incompetenza e il
Giudice , in virtù del comma terzo dell’art. 702-ter , trasformi il rito
sommario in rito ordinario fissando l’udienza di cui all’articolo 183 c.p.c.
Potrà il Giudice , ai sensi dell’art. 38 c.p.c., rilevare in quella udienza
l’incompetenza per materia , per valore e per territorio inderogabile ?
Il Giudice , qualora rilevi che la domanda dell’attore-ricorrente (o la
riconvenzionale del convenuto) , pur appartenendo alla competenza del
Tribunale adito , sia riservata alla trattazione collegiale , la dichiara
inammissibile con ordinanza non impugnabile .
Stante l’espressa previsione di non impugnabilità l’ordinanza de qua non è
né modificabile né revocabile .
Ci si è chiesti se detta ordinanza sia suscettibile di gravame .
Ritiene il prof. Francesco P. Luiso (“ Il procedimento sommario di
cognizione “) che l’ordinanza di inammissibilità , al pari del decreto emesso
ex art. 640 c.p.c., sia insuscettibile di controllo in quanto la stessa non va ad
incidere “ sul diritto alla tutela giurisdizionale “ ma “ attiene solo ad una
delle possibili modalità di tutela giurisdizionale , fra l’altro neppure
costituzionalmente necessaria “.
Può accadere – ipotizza sempre l’Autore- che il Giudice , anziché
dichiarare inammissibile la domanda che non rientra tra quelle indicate
dall’art. 702-bis c.p.c., pronunci sulla stessa con rito sommario .
In tal caso – sostiene- la Corte d’Appello, investita della impugnazione,
dovrebbe emettere pronuncia sul rito senza deliberare sul merito della causa.
Il Giudice , si è visto, provvede con ordinanza non impugnabile , a
dichiarare la inammissibilità della domanda riconvenzionale qualora accerti
che non rientra tra quelle indicate nell’art. 702-bis .
Poiché tra dette domande non rientrano quelle riservate alla trattazione
collegiale, ne consegue la inapplicabilità dell’art. 281-novies c.p.c. che ,
per le cause connesse , attribuisce al tribunale in composizione collegiale la
decisione di entrambe le domande ( ovvero di disporne la separazione a
norma dell’art. 279 c.p.c.) .
La norma non chiarisce se i provvedimenti ivi contemplati possano essere
assunti dal Giudice anche prima dell’udienza fissata .]
Se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un’istruzione non sommaria, il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa l’udienza di cui all’articolo 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro II. Quando la causa relativa alla domanda riconvenzionale richiede un’istruzione non sommaria, il giudice ne dispone la separazione.
[ La trasformazione del rito – disposta dal Giudice quando le difese delle
parti richiedano una istruzione non sommaria – è adottata con ordinanza non
impugnabile con la quale viene fissata l’udienza di cui all’art. 183 c.p.c.
Ora , il 5° comma dell’art. 183 c.p.c., prevede che, in quella udienza, l’attore
possa “proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della
domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto “
nonché chiedere l’autorizzazione , a seguito delle difese del convenuto , a
chiamare in causa un terzo.
Sorge, allora, un dubbio.
Dovrà l’attore-ricorrente esercitare le facoltà di cui sopra , a pena di
decadenza, nella prima udienza di comparizione delle parti , oppure , una
volta disposto il mutamento del rito potrà esercitarle nell’udienza all’uopo
fissata di cui all’art. 183 c.p.c.?
La prima ipotesi sembra la più convincente in quanto è sulla base di una
valutazione delle ” difese svolte dalle parti” che il Giudice potrà decidere se
la causa esiga una istruttoria non sommaria .
Assolutamente “controproducente”, dunque, per l’attore-ricorrente affidare
l’esercizio di tali attività difensive ad una valutazione di mera probabilità di
trasformazione del rito .
Senza considerare che il principio del contraddittorio impone la “parità delle
armi” e , quindi, il bilanciamento dei poteri delle parti.
Quando la domanda richiede una istruzione non sommaria il Giudice “ ne
dispone la separazione”.
Dal tenore letterale della norma sembrerebbe imposto al Giudice l’obbligo
della separazione con conseguente inapplicabilità dell’art. 40 c.p.c.
Siffatta interpretazione restrittiva, che esclude il “simultaneus processus “
genera qualche dubbio in presenza di ipotesi qualificate di connessione cd.
“per subordinazione” o “forte”.
In tali casi dovrebbe essere riconosciuta al Giudice la possibilità di disporre
il mutamento del rito e , quindi, la trattazione di entrambe le cause secondo
il rito ordinario.
In presenza di cumulo per connessione c.d. “per coordinazione” le cause
andranno trattate con riti differenti con tutti i rischi conseguenti ( contrasto
di giudicati) .]
Se non provvede ai sensi dei commi precedenti, alla prima udienza il giudice,sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio,procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto delle domande.
[ Qualora si proceda con il rito sommario ( perché il Giudice non si è
ritenuto incompetente, oppure non ha dichiarato la domanda inammissibile
né ha mutato il procedimento da sommario in ordinario) il Giudice “
sentite le parti ed omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio,
procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti
in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto e provvede con
ordinanza all’accoglimento o al rigetto delle domande “.
La norma ricalca la formulazione dell’art 669-sexies c.p.c. relativa alla
istruttoria cautelare .
Il procedimento sommario, tuttavia, non ha natura cautelare ed è destinato a
concludersi con un provvedimento suscettibile di giudicato .
Quali saranno, dunque , i presupposti per la pronuncia dell’ordinanza
sommaria ?
La norma non lo dice e, così formulata , sembra rimettere al potere
squisitamente discrezionale del Giudice , la valutazione della complessità o
meno della controversia e , quindi, la decisione in ordine al rito da applicare.
Saranno ammissibili le prove precostituite ( tipico esempio i documenti) e
così le attività finalizzate alla loro acquisizione ( pensiamo all’ordine di
esibizione) .
Qualora , tuttavia, venga contestata l’autenticità del documento e la
contestazione non sia prima facie palesemente infondata , si dovrà
necessariamente dar corso ad un subprocedimento che , nella maggior parte
dei casi , necessita di tempi più lunghi rispetto alla assunzione di prove
testimoniali.
Ritengo che la esperibilità di una consulenza tecnica d’ufficio non sia , in
linea di massima, preclusa dalla previsione della cognizione sommaria a
condizione che si tratti di indagine non particolarmente complessa e ,
possibilmente, destinata ad incidere sulla celere definizione della
controversia.
Quanto alle prove costituende ( quali , ad es. la testimonianza ,
l’interrogatorio formale) il Giudice potrebbe ammetterle qualora abbiano
ad oggetto accertamenti semplici e siano di rapida acquisizione .
In definitiva ( ma trattasi, ovviamente, di parere opinabile) la soluzione più
ragionevole sarebbe quella di consentire l’ingresso di quegli atti istruttori
che , a fronte dell’esame comparativo ( necessariamente e, purtroppo,
aggiungo, discrezionale) circa la probabile fondatezza o infondatezza delle
difese prospettate dalle parti , il Giudice ritenga adeguati alle esigenze di
celerità e speditezza del singolo procedimento .
Il comma aggiunto all’art. 101 c.p.c. dispone che “Se ritiene di porre a
fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, il giudice
riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine,
non inferiore a venti giorni e non superiore a quaranta giorni dalla
comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti
osservazioni sulla medesima questione”.
La norma andrà applicata anche al procedimento sommario dovendo il
principio del contraddittorio prevalere anche sulle finalità acceleratorie .]
L’ordinanza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per
l’iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione.
Il giudice provvede in ogni caso sulle spese del procedimento ai sensi degli articoli 91 e seguenti.
[ L’ordinanza comunque emessa a definizione del giudizio deve provvedere
sulle spese ( rinvio espresso agli artt. 91 e segg. c.p.c.) ]
Art. 702 quater – APPELLO
L’ordinanza emessa ai sensi del sesto comma dell’articolo 702-quater produce gli effetti di cui all’articolo 2909 del codice civile se non è appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione. Sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti quando il collegio li ritiene rilevanti ai fini della decisione, ovvero la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile. Il presidente del collegio può delegare l’assunzione
dei mezzi istruttori ad uno dei componenti del collegio.
[L’ordinanza produce gli effetti di cui all’articolo 2909 c.c., cioè fa stato a
ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, se non è appellata entro
trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione.
E’ bene sottolineare che il termine comincia a decorrere indifferentemente
dalla comunicazione o notificazione .
In mancanza di comunicazione o notificazione dovrà applicarsi il termine –
ora semestrale- di cui all’art. 327, 1° comma, c.p.c.
L’articolo non specifica la forma dell’atto introduttivo ( ricorso o citazione)
e , poco o nulla, dispone sulle modalità di svolgimento del giudizio di
appello .
E’ da ritenere , atteso il chiaro ed esplicito riferimento all’appello e ,
considerato che in questo grado il procedimento perde la sua specialità , che
il procedimento si svolga – salvo le deroghe apportate dalla disciplina
speciale- secondo le regole che disciplinano il giudizio d’appello del
processo ordinario.
In appello sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti
alternativamente in due casi:
a) qualora il collegio li ritenga rilevanti ai fini della decisione,
b) oppure qualora la parte dimostri di non aver potuto proporli nel corso del
procedimento sommario per causa ad essa non imputabile.
Diversamente dall’art. 345 c.p.c. ( che utilizza il termine “indispensabili”) ,
la norma in commento parla di mezzi di prova e documenti “rilevanti “.
Così , come strutturata , la norma sembrerebbe prevedere la ammissione di
nuovi mezzi di prova anche irrilevanti purchè la parte dimostri di non averli
potuti proporre nel giudizio sommario per causa ad essa non imputabile .
Evidente l’errore di formulazione in cui è incorso il legislatore !.
Per avere un senso la norma va interpretata prevedendo la ammissione di
nuovi mezzi di prova che siano rilevanti e rispetto ai quali la parte dimostri
di non averli potuti produrre prima per causa non imputabile .]
Avv. Manola Faggiotto del Foro di Venezia
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