(trascrizione della audio-video lezione)
LA NOZIONE DI INCIDENTE STRADALE AI SENSI DELLA LEGGE N. 102/2006.
Come a tutti noto, la legge n. 102 del 2006 ha esteso il rito del lavoro alle cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti a incidenti stradali.
Ma che cosa si intende per “incidente stradale”? E in particolare vi rientrano nella nozione le cause relative al risarcimento dei danni provocati da insidie stradali?
Come sempre, nell’incertezza della legge sono state subito proposte due letture diametralmente opposte.
Secondo una parte della dottrina (M. Rossetti), anche le cause relative ai danni subiti a seguito di insidia stradale devono essere proposte secondo il rito del lavoro, per un diverso ordine di motivi.
a) Il primo motivo è che la nozione di incidente non richiama la circolazione, come nell’art. 7 del c.p.c. che parla di “danno prodotto dalla circolazione dei veicoli e dei natanti”;
b) Il secondo motivo è che il legislatore ha usato “incidente stradale” per ricomprendere qualsiasi ipotesi di fattispecie dannosa che tragga origine dalla strada;
c) Il terzo motivo è che il sintagma incidente stradale è una espressa atecnica e pregiuridica e pertanto designa qualunque accadimento improvviso ed imprevisto avvenuto nella sede stradale;
d) Il quarto motivo è che la ratio della legge è quella di accelerare i tempi del risarcimento in favore di chi abbia patito lesioni personali o subito la morte, a prescindere che la causa sia uno scontro tra veicoli o una insidia.
Tuttavia, sempre secondo questa dottrina, il rito del lavoro non si applica ai danni subiti dal pedone a causa di una insidia stradale, in quanto la ratio della legge si ricollega all’allarme sociale dei danni provocati dai veicoli, pertanto i presupposti causali sono:
– che il danno sia derivato dall’uso della strada;
– che alla produzione dell’evento abbia concorso l’uso di un veicolo di qualsiasi tipo.
Secondo altra tesi (R. Angarano), invece, il sintagma incidente stradale si sovrappone perfettamente a quello di circolazione di veicoli, altrimenti – si dice – non si avrebbero sicuri termini di riferimento per la individuazione delle controversie soggette al nuovo rito.
Secondo questa tesi, per poter applicare il rito del lavoro occorre considerare:
a) il veicolo coinvolto;
b) la dinamica;
c) il luogo.
a) veicolo
Per veicolo deve intendersi qualsiasi tipo di macchina guidata
dall’uomo che sia potenzialmente idonea a circolare liberamente su strada pubblica o su strada ad essa equiparata e la cui locomozione sia assicurata, o mediante apposito organo di movimento o a seguito di trazione animale, o a seguito dell’azione diretta
dell’uomo.
L’art. 47 del nuovo codice della strada classifica i veicoli in: a) veicoli a braccia; b) veicoli a trazione animale; c) velocipedi; d) slitte; e) ciclomotori; f) motoveicoli; g) autoveicoli; h) filoveicoli; i) rimorchi; l) macchine agricole; m) macchine operatrici; n) veicoli con caratteristiche atipiche.
Rientrano pertanto nella nozione i veicoli di cui all’art. 47 compresi veicoli a motore con guida di rotaie, mentre sono esclusi i natanti e, come già affermato per l’art. 2054 c.c, di quelli per uso di bambini (automobiline a pedali, biciclette, tricicli, monopattini, eccetera e carrozzine per trasporto di infanti) o di invalidi, e di quelli a braccia di piccole dimensioni (cestelli a ruote per la spesa, carriole, eccetera); tutti questi ultimi, infatti, non sono funzionalmente e strutturalmente concepiti e costruiti per circolare sulle carreggiate, tanto che ad essi è consentito di utilizzare liberamente e senza alcuna limitazione la parte di strada (marciapiede o banchina) riservata ai pedoni.
Ovviamente il discorso cambia se l’incidente stradale avviene tra un veicolo di cui all’art. 47 e un monopattino: in questo caso si applicherà il rito del lavoro.
b) dinamica
Quanto alla dinamica nel corso della quale si è sviluppato il danno –
genericamente individuata dal termine “incidente” – andrebbe recepito tutto quanto acquisito dalla dottrina e dalla giurisprudenza rispetto alla nozione di “circolazione”. E dunque:
– lo scontro tra veicoli;
– l’assenza di urto;
– la fermata e sosta;
c) luogo
Con riferimento al luogo in cui è avvenuto l’incidente, si dice che vi è una perfetta sovrapponibilità tra l’art. 2054 cc, l’elaborazione giurisprudenziale avvenuta sotto la l. n. 990/1969 ed il nuovo rito di cui alla l. n. 102/2006.
Pertanto può trattarsi anche di un’area privata, purchè aperta al traffico aperto ad un numero indeterminato di persone, ancorché l’accesso sia consentito solo in presenza di un particolare permesso.

In caso di lesioni e danni al veicolo qual’è il rito applicabile? Quello ordinario o quello speciale (lavoro)? Gradirei conoscere la Sua opinione. Grazie
Da un punto di vista giuridico sono ammissibili entrambe le soluzioni:
a) attrazione del rito speciale in quello ordinario;
b) attrazione del rito ordinario in quello speciale.
E tanto è stato affermato in giurisprudenza e in dottrina.
Ritengo preferibile la seconda e cioè che si debba applicare il rito speciale, perchè altrimenti la riforma sarebbe svuotata di contenuto visto che quasi sempre alle lesioni si accompagna il danno a cose.
quindi, nel caso di danni a cose o persone, in mancanza di urto o collisione, si applicherebbe l’art. 2054,1° comma, codice civile…o sbaglio?